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ALEXANDER FLEMING

La scoperta della penicillina, il primo antibiotico, segnò un vero punto di svolta non solo nella pratica chirurgica, ma nella storia dell’uomo: il medico finalmente poté disporre di uno strumento capace di guarire il paziente da malattie infettive mortali.
Articolo a cura di Francesco M. Labricciosa
Medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva, LETSCOM Medical Writer

Partiamo per l’ultima tappa del nostro viaggio. Oggi siamo a Londra, nel 1928, nei cosiddetti “ruggenti Anni Venti”, caratterizzati da una grande espansione industriale, prima del disastroso crollo della Borsa di Wall Street, che porterà tutto il mondo alla Grande Depressione.

LA SCOPERTA

La storia del primo antibiotico è un percorso lungo e avvincente, fatto di casualità, perseveranza, impegno, successi, ma anche di delusioni e frustrazione. Proprio come la storia di ogni grande scoperta scientifica. 

Si racconta che la scoperta della penicillina sia dovuta ad un avvenimento fortuito, lontano dalle intenzioni dello scopritore stesso. Vediamo come si sono svolti i fatti. Seguitemi in questo ultimo viaggio insieme!

Nel laboratorio di microbiologia del St Mary’s Hospital troviamo al lavoro un medico scozzese, Alexander Fleming, impegnato nello studio delle caratteristiche e delle proprietà dello Staphylococcus aureus. Fleming ha 47 anni, è ben conosciuto grazie alle sue pubblicazioni scientifiche ed è riuscito a guadagnarsi una reputazione di brillante ricercatore.

A settembre si trova con la sua famiglia nel Suffolk per le vacanze estive quando viene nominato professore di batteriologia. Fleming è entusiasta. Decide di tornare a Londra, dove trova i suoi collaboratori a complimentarsi con lui. Tuttavia, prima di riprendere la villeggiatura nella sua casa in campagna, passa in revisione le piastre di coltura conservate nel laboratorio. In un angolo del tavolo di lavoro, al riparo dalla luce diretta del sole, nota una piastra rimasta accidentalmente con il coperchio aperto. Fleming si avvicina, osserva. Il terreno di coltura è contaminato da una muffa di colore blu-verdastro e attorno ad essa si è creato un alone all’interno del quale le colonie bianco-grigiastre di S. aureus sono inspiegabilmente assenti, mentre le colonie più lontane risultano indenni [1,2]. Un’anomalia, qualcosa di strano. Fleming ne è incuriosito. Ripone la piastra in luogo sicuro e decide comunque di ripartire per le vacanze.

A fine settembre è nuovamente nel suo laboratorio, deciso a condurre esperimenti sul fenomeno osservato. Isola e inocula la muffa su piastre di coltura e dopo quattro giorni osserva di nuovo la scomparsa delle colonie stafilococciche. Fleming ipotizza quindi che la muffa sia in grado di rilasciare una sostanza in grado di inibire la proliferazione batterica [2].

Alcuni anni più tardi, Fleming dichiarerà: “Quando mi sono svegliato subito dopo l’alba, quel 28 settembre 1928, non avevo certo intenzione di rivoluzionare tutta la medicina scoprendo il primo antibiotico al mondo, o killer di batteri. Ma suppongo che sia esattamente quello che ho fatto”.

Secondo Fleming, la muffa appartiene al genere Penicillium. Sospetta un P. chrysogenum, ma un collega micologo lo identifica come P. rubrum [3]. Riesce ad ottenere un brodo di coltura e con difficoltà riesce a purificare piccole quantità della sostanza antibatterica, che decide di chiamare penicillina” [1].

Nel febbraio dell’anno successivo, Fleming mostra le piastre di coltura ai suoi colleghi batteriologi, tuttavia senza ricevere particolare attenzione. A maggio pubblica i risultati dei suoi esperimenti in un articolo sul British Journal of Experimental Pathology, dove dimostra che la penicillina è in grado di inibire in vitro la crescita di determinate specie batteriche. Anche questa volta però a questa sensazionale scoperta non viene riconosciuta la giusta importanza [4]. 

La penicillina è difficile da isolare e purificare dall’estratto della muffa e a complicare la procedura contribuisce anche la sua instabilità chimica. Fleming si avvale quindi dell’aiuto di altri collaboratori, ma l’incapacità di isolare il composto lo porta ad abbandonare le ricerche sugli aspetti chimici della sostanza. Per un decennio, fino al 1939 [5].

LA SPERIMENTAZIONE E LA PRODUZIONE DI MASSA

Un gruppo di scienziati dell’Università di Oxford, tra cui Ernst Chain, Howard Florey e Norman Heatley, raccolgono questa sfida e sviluppano con successo una procedura per isolare e purificare la penicillina, consentendo così l’estrazione di principio attivo sufficiente per condurre studi sperimentali non solo in vitro, ma anche in vivo

Viene dimostrata la stabilità e l’efficacia dell’antibiotico contro S. aureus e Streptococcus pyogenes, senza segni di tossicità. Tra il 1941 e il 1942 vengono trattati con successo numerosi pazienti. [4, 5]. Ormai le enormi potenzialità curative della penicillina sono riconosciute da tutta la comunità scientifica.

Con l’inizio della seconda guerra mondiale, si crea la necessità di una produzione su larga scala: la penicillina è fondamentale per la cura delle polmoniti batteriche e delle infezioni delle ferite dei civili e dei soldati impegnati nel conflitto. Il Regno Unito, stremato dallo sforzo bellico, non è in grado di garantire il supporto sufficiente al team di Oxford, che quindi decide di rivolgersi anche agli Stati Uniti. 

Inizia così una cooperazione senza precedenti tra i due Paesi che, attraverso le loro risorse ed esperienze combinate, sviluppano nuove procedure per la purificazione e la produzione di massa dell’antibiotico, giusto in tempo per gli sbarchi in Sicilia e in Normandia da parte degli Alleati [6]. Si tratta di tecniche rivoluzionarie, risultato della collaborazione di microbiologi, biochimici e ingegneri chimici, che diventano rapidamente parte integrante per lo sviluppo di successivi antibiotici [7].

Poco dopo la fine della guerra, nel 1946, la penicillina diventa ampiamente disponibile su prescrizione medica, rivoluzionando non solo la chirurgia, ma tutta la pratica medica. Per la prima volta, un antibiotico è in grado di trattare efficacemente malattie considerate incurabili e addirittura potenzialmente mortali: febbre reumatica, scarlattina, sifilide, infezioni di ferite chirurgiche e da armi da fuoco, solo per fare alcuni esempi [8].

L’ANTIBIOTICO-RESISTENZA

Nel 1945 Alexander Fleming, Howard Florey e Ernst Chain condividono il Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina per la scoperta della penicillina e del suo effetto curativo in varie malattie infettive.

Durante il suo discorso di accettazione, Fleming però avverte la comunità scientifica sulla possibilità che i microorganismi possano sviluppare rapidamente resistenze verso l’antibiotico.

“Potrebbe arrivare il momento in cui la penicillina potrà essere acquistata da chiunque nei negozi. Poi c’è il pericolo che l’uomo ignorante possa facilmente assumerne una quantità più bassa e, esponendo i microbi a quantità non letali del farmaco, renderli resistenti“ [9].

Fleming infatti scopre presto che i batteri sono in grado di sviluppare resistenza alla penicillina ogni volta che questa viene usata in quantità insufficiente o per un periodo troppo breve. Consapevole di questo rischio, in una intervista pubblicata il 26 giugno 1945 sul New York Times, Fleming sottolinea ancora che l’uso inappropriato dell’antibiotico possa determinare la selezione di ceppi resistenti.

“In questi casi la persona sconsiderata che gioca con la penicillina è moralmente responsabile della morte dell’uomo che alla fine soccombe all’infezione dell’organismo resistente alla penicillina. Spero che questo male possa essere evitato” [10].

Questo 28 settembre, celebrando la scoperta di Alexander Fleming, ricordiamoci che uno dei fattori che contribuisce allo sviluppo e alla diffusione della resistenza dei microrganismi agli antibiotici è proprio l’uso inappropriato ed eccessivo di questi farmaci. 

Ricordiamocelo, per non vanificare gli sforzi di tutte quelle donne e quegli uomini che hanno contribuito a tradurre questa scoperta scientifica in uno dei trattamenti medici più importanti della storia.

Bibliografia

1. Diggins FW. The true history of the discovery of penicillin, with refutation of the misinformation in the literature. Br J Biomed Sci. 1999;56:83-93.
2. Lalchhandama, K. Reappraising Fleming’s snot and mould. Science Vision. 2020;20:29-42.
3. Houbraken J, Frisvad JC, Samson RA. Fleming’s penicillin producing strain is not Penicillium chrysogenum but P. rubens. IMA Fungus. 2011;2:87-95.
4. Lobanovska M, Pilla G. Penicillin’s Discovery and Antibiotic Resistance: Lessons for the Future? Yale J Biol Med. 2017;90:135-145.
5. Gaynes R. The Discovery of Penicillin—New Insights After More Than 75 Years of Clinical Use. Emerg Infect Dis. 2017;23:849-853.
6. Fraser I. Penicillin: early trials in war casualties. Br Med J (Clin Res Ed). 1984;289:1723-1725.
7. RICHARDS AN. PRODUCTION OF PENICILLIN IN THE UNITED STATES (1941-1946). Nature. 1964;201:441-445.
8. Aminov R. History of antimicrobial drug discovery: Major classes and health impact. Biochem Pharmacol. 2017;133:4-19.
9. Sir Alexander Fleming. Nobel Lecture, December 11, 1945. https://www.nobelprize.org/prizes/medicine/1945/fleming/lecture/
10. Penicillin finder assays its future. New York Times. 26 June 1945:21.

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