LA SPIROMETRIA È NECESSARIA PER LA DIAGNOSI DELLA BPCO E NON SOLO
La spirometria è una manovra altamente riproducibile e oggettiva che consente di misurare la limitazione del flusso aereo. La spirometria è pertanto necessaria per la diagnosi e la classificazione della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) [1,2], una patologia definita “prevenibile e trattabile” ma responsabile di un decesso su due per malattie respiratorie nel nostro Paese [3]. La spirometria misura la quantità di aria (volume) e la velocità con cui viene mobilizzata (flusso) durante le manovre respiratorie.
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La spirometria si suddivide in una manovra lenta, attraverso la quale si riesce a misurare tutta l’aria mobilizzabile da un soggetto, detta anche capacità vitale, e da una manovra forzata (nota anche come curva flusso-volume) che permette la misura dei cosiddetti volumi polmonari dinamici [ad esempio, il volume espiratorio massimo nel primo secondo (VEMS) e la capacità vitale forzata (FCV)]. Misurando il rapporto fra questi ultimi due è possibile identificare i difetti ventilatori di tipo ostruttivo, presenti in patologie come la BPCO e l’asma, ed eventualmente porre il sospetto di difetti restrittivi, come accade nelle malattie neuromuscolari o nei pazienti con la fibrosi polmonare [2,4].
Come indicato dalle linee guida GOLD [1], la persistenza di un rapporto VEMS/FCV < 70% dopo un test di broncodilatazione con salbutamolo conferma la diagnosi di BPCO. E’ importante però tenere presente che un cut-off fisso (es. 70%) potrebbe sovrastimare l’ostruzione bronchiale nel paziente anziano (>50 anni) e sottostimarla nei pazienti più giovani, pertanto viene spesso utilizzato un cut-off variabile basato su valori di normalità (valori predetti), specifici per età, sesso, etnia ed altezza.
Con la spirometria il clinico non solo misura l’impatto della BPCO sulla funzione polmonare ma può misurare e monitorare molteplici altri aspetti quali la responsività delle vie aeree, la progressione della patologia o gli effetti di una terapia, il rischio in fase pre-operatoria (es. in chirurgia toracica) o determinare la prognosi di numerose condizioni respiratorie [2].
Infine, la spirometria è un esame dipendente dallo sforzo e dalla collaborazione del paziente, ne segue che è importante che il paziente sia consapevole di cosa sia necessario fare per eseguire l’esame nel miglior modo possibile.
L’ESAME SPIROMETRICO È SOTTO-UTILIZZATO
La spirometria consente una diagnosi appropriata che a sua volta favorisce un rapido avvio della terapia broncodilatatrice riducendo così il rischio di riacutizzazioni che rappresentano la maggiore causa di mortalità e morbidità in questi pazienti, nonché la maggior fonte di costo associato a questa patologia.
Un recente rapporto del Programma Nazionale Esiti (PNE) [5] indica che la BPCO si caratterizza per tassi di ospedalizzazione (1,82%) superiori a quelli di altre patologie croniche più diffuse come il diabete (0,38%) ma che rappresenta una patologia dai ricoveri potenzialmente evitabili.
Sebbene la spirometria sia un esame non invasivo e facilmente disponibile, è impiegata in modo insufficiente in quanto, ad esempio, 4 clinici su 10 non la considerano sempre fattibile [6]. Non dovrebbe quindi sorprendere che un’analisi condotta in Italia sui pazienti che accedevano al pronto soccorso abbia tristemente evidenziato che, in caso di ricovero per riacutizzazione di BPCO, la maggior parte dei pazienti non avesse una diagnosi confermata di BPCO, sebbene l’83% di essi avesse una malattia di grado moderato-severo e circa il 30% fosse già in insufficienza respiratoria [7].
Inoltre, si osserva sempre più frequentemente che una significativa percentuale di soggetti diagnosticati come affetti da BPCO anche alla dimissione ospedaliera e spesso avviati ad un trattamento farmacologico domiciliare non siano mai stati sottoposti ad esame spirometrico. Tale scenario è in aperto contrasto con quanto invece è raccomandato dalle linee guida internazionali: “Una corretta comprensione dell’impatto della BPCO sul singolo paziente combina la valutazione sintomatica con la classificazione spirometrica e/o il rischio di riacutizzazioni”.
In altre parole, una corretta e tempestiva diagnosi spirometrica unitamente alla valutazione dei sintomi consentirebbe una presa in carico del paziente a livello territoriale evitando costi per il sistema sanitario, già gravato dall’emergenza pandemica da COVID-19.
LA SPIROMETRIA IN EPOCA COVID-19
La pandemia non ha certo aiutato la promozione di un maggior accesso agli esami spirometrici.
Si è passati da una totale sospensione degli esami (ad eccezione delle valutazioni pre-operatorie) ad un graduale ripristino delle prestazioni con significativi ritardi nelle liste di attesa nei laboratori di fisiopatologia respiratoria convenzionati e non [8]. Ritardi legati sia al trasferimento temporaneo di personale nei reparti COVID che alle carenze strutturali da tempo denunciate dalle società scientifiche come l’assenza della figura del tecnico di fisiopatologia respiratoria. Tali criticità andrebbero ad acuirsi con la maggiore richiesta di esami spirometrici necessari per estendere la prescrivibilità di alcune terapie da parte del medico di medicina generale (MMG) come recentemente indicato nella nota 99 dell’AIFA [9].
LA NOTA 99 DELL’AIFA: ATTENZIONE PUNTATA SULLA SPIROMETRIA, NON PIÙ APPANNAGGIO DELLO SPECIALISTA
Solo in caso di diagnosi di BPCO confermata mediante spirometria sarà d’ora in poi possibile prescrivere farmaci inalatori di mantenimento. Se le novità riguardano diverse opzioni terapeutiche estendendo al MMG la prescrivibilità di classi di farmaci finora di appannaggio dello specialista, è pur vero che diventa sempre più necessario assicurarsi che gli MMG abbiano le conoscenze minime per effettuare una spirometria di primo livello in office, utile non solo ad un orientamento diagnostico ma anche ai fini della prescrizione, ad esempio delle associazioni di broncodilatatori a dose fissa [9].
Il crescente ruolo che si vuole riconoscere al medico di medicina generale nella gestione della BPCO e l’importanza della spirometria nel promuovere l’appropriatezza terapeutica nelle scelte prescrittive del clinico saranno l’oggetto dei prossimi approfondimenti.
Bibliografia
1. Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease. Global strategy for the diagnosis, management, and prevention of chronic obstructive pulmonary disease 2021 report; 2020. Accessibile presso: https:// goldcopd.org/2021-gold-reports/.
2. Graham BL, et al. Standardization of spirometry 2019 update. An official American Thoracic Society and European Respiratory Society technical statement. Am J Respir Crit Care Med. 2019;200(8):e70–e88.
3. Manifesto sulla BPCO: verso una gestione ottimale della patologia. Accessibile presso: https://www.paginemediche.it/uploads/Manifesto%20BPCO.pdf.
4. Pierce R. Spirometry: an essential clinical measurement. Aust Fam Phys. 2005;34(7):535-9.
5. Programma Nazionale Esiti. Edizione 2020. Accessibile presso: https://www.agenas.gov.it/images/agenas/In%20primo%20piano/PNE/2020/Agenas_Report_PNE_2020.pdf
6. Palmiotti GA, et al. Adherence to GOLD guidelines in real-life COPD management in the Puglia region of Italy. International Journal of COPD 2018;13: 2455–2462.
7. Zoia MC et al. Exacerbations as a starting point of pro-active chronic obstructive pulmonary disease management. Resp Med 2005; 99:1568-1575.
8. Esami di funzionalità respiratoria nel contesto COVID-19. Accessibile presso: https://irn.sipirs.it/storage/61/Documento-EsamiFunzionalit%C3%A0Res-Covid_Vers.1_12.05.2020.pdf.
9. Nota 99 AIFA. Accessibile presso: https://www.aifa.gov.it/nota-99.