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DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS, GLI EFFETTI SUL CERVELLO

Nel disturbo post-traumatico da stress il trauma modifica le comunicazioni tra le aree del cervello coinvolte nella regolazione della risposta allo stress, rendendolo costantemente in allarme.
Articolo a cura di Alessandra Gilardini
Biologa, LETSCOM medical writer

Nello scorso episodio abbiamo parlato del disturbo post-traumatico da stress, una forma di disagio mentale in costante aumento: oggi parliamo di come il cervello reagisce a uno stimolo di pericolo e come un evento traumatico possa condizionare queste risposte, fino alla comparsa del disturbo post-traumatico da stress. Le emozioni e le capacità cognitive, infatti, sono intimamente legate tra loro e comunicano attraverso segnali ormonali e connessioni tra particolari aree del cervello; in presenza di un fattore di stressil cervello e il resto dell’organismo elaborano una risposta di tipo “combatti o scappa”, proporzionale allo stimolo ricevuto: in questo modo si verificano le condizioni per una risposta fisica e mentale adeguata all’evento minaccioso.

In caso di evento traumatico, i segnali di pericolo vengono amplificati e portano alla comparsa di flashback del trauma del passato, come se stesse accadendo nel presente, perché la parte del cervello responsabile della memoria non è stata in grado di classificare in modo corretto l’esperienza passata: tutto sembra pericolosamente nuovo.

Non sorprende che molte ricerche si siano di conseguenza concentrate sull’esplorazione di questi sistemi in modo più dettagliato e sul tentativo di chiarire i cambiamenti patologici che si verificano nei pazienti che sviluppano PTSD. 

UN CERVELLO SEMPRE IN ALLARME

La paura si manifesta con un insieme di risposte emotive e corporee (ad esempio aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco, sudorazione) causate dall’esposizione a minacce reali o immaginarie. Questa emozione umana è molto individuale, possiamo descrivere i dettagli della nostra stessa paura in una determinata situazione, ma non possiamo dire molto su ciò che un’altra persona (o animale) sente veramente quando si trova nei nostri panni [1].

Vediamo più in dettaglio cosa accade nella parte emotiva del cervello quando abbiamo paura. Un evento traumatico può lasciare un segno su tre aree del cervello in particolare: l’amigdala, l’ippocampo e la corteccia prefrontale. Queste aree giocano un ruolo nella regolazione delle emozioni e nella risposta alla paura: nella persona con PTSD possono funzionare in modo diverso rispetto a prima dell’evento traumatico [2].

L’amigdala è una piccola parte del cervello responsabile delle emozioni, degli istinti di sopravvivenza e della memoria. Un ruolo importante dell’amigdala è quello di sentinella della paura: attraverso i sensi, come la vista e l’udito, l’amigdala elabora la natura dello stimolo esterno e decide se esso può rappresentare una minaccia, attivando in quel caso la sensazione della paura. Nelle persone con PTSD l’amigdala diventa iperattiva, la sensazione di paura e di ansia sono amplificate e risulta difficile calmarsi [2].

L’ippocampo è il principale responsabile della formazione, conservazione e recupero dei ricordi, che vengono classificati in esperienze passate e presenti: un evento traumatico altera la capacità dell’ippocampo di ricordare correttamente. Alcuni ricordi legati al trauma verranno rimossi, mentre altri restano vividi e costantemente presenti nella mente. Ambienti o situazioni che ricordano il trauma possono causare dei flashback, in cui la persona rivive le stesse emozioni negative provate durante l’evento traumatico. L’amigdala, quindi, attiva il circuito della paura e la situazione attuale viene avvertita come una minaccia, anche se in realtà non lo è (come abbiamo accennato nell’articolo precedente) [2].

La corteccia prefrontale ventromediale è la sede del pensiero razionale, del problem-solving, della pianificazione ma anche dell’empatia e del comportamento sociale. Normalmente, quando l’amigdala percepisce un’emozione negativa come la paura, la corteccia prefrontale reagisce razionalmente a questa emozione. Dopo il trauma, tuttavia, questa razionalità potrebbe essere ignorata e la corteccia prefrontale avrà difficoltà a regolare la paura e le altre emozioni [2].

TRAUMA E TEMPESTA CHIMICA 

L’alterazione di alcune aree del cervello a seguito di un trauma influenza anche la produzione di ormoni e di neurotrasmettitori coinvolti nella risposta allo stress e alla paura:

  • Cortisolo (ormone corticosteroide). Una condizione di stress attiva l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) e la produzione di cortisolo, noto come ormone dello stress, che prepara l’organismo a reagire in caso di pericolo. Nei veterani di guerra con PTSD, il cortisolo è presente in quantità ridotte e può spiegare le risposte disadattive allo stress osservate nei loro comportamenti [3].
  • Noradrenalina, uno dei neurotrasmettitori più coinvolti nelle risposte allo stress. Attraverso contatti con amigdala e ippocampo, la noradrenalina aumenta il condizionamento alla paura, la codificazione dei ricordi emotivi, la reattività e l’allerta [3].
  • Serotonina: tra i suoi numerosi effetti sull’organismo, la serotonina regola il sonno, l’appetito, il comportamento sessuale, l’aggressione/impulsività e le funzioni motorie. L’esposizione cronica allo stress aumenta la sensibilità del cervello alla serotonina e gli effetti ansiogeni a lungo termine di questo neurotrasmettitore [3]. La serotonina interagisce anche con il cortisolo e la noradrenalina nel coordinare le risposte affettive e quelle di stress [4,5].
  • Acido gamma-ammino-butirrico (GABA), il principale neurotrasmettitore che “spegne” gli stimoli di attivazione nel cervello. Le persone con PSTD mostrano una minore sensibilità a questo neurotrasmettitore [3].
  • Neuropeptide Y, è abbastanza diffuso nel sistema nervoso centrale e modula diverse azioni come l’appetito e la vasocostrizione. Il neuropeptide Y inibisce il circuito cortisolo/noradrenalina coinvolto nello stress e nella paura condizionata. I soggetti con PSTD hanno un bassissimo livello plasmatico di neuropeptide Y, mentre chi ha alti livelli di questa molecola sembra essere più resiliente al PSTD rispetto agli altri [6,7].

TERRORE MUTO

Le alterazioni neuroanatomiche e metaboliche che abbiamo appena visto confermano un’azione prevalente dell’evento traumatico su una sola metà del nostro cervello. Nei soggetti con PTSD, durante l’elaborazione di un trauma, il cervello attiva un modo sproporzionato la sua parte destra, specializzata nell’espressione delle emozioni, rispetto alla parte sinistra, dedicata all’analisi cognitiva e al linguaggio [8].  Nella parte sinistra poco attivata si trova l’area di Broca, che è deputata alla elaborazione della parola e durante una rievocazione del trauma è quasi spenta. Ciò potrebbe spiegare il “terrore muto”, ossia la tendenza dei soggetti con PTSD a esternare le emozioni attraverso il corpo, piuttosto che con le parole [9].  La capacità di parlare dell’esperienza traumatica è un tassello fondamentale per il confronto di quell’evento con altre esperienze e per una corretta classificazione del ricordo traumatico. Nel PTSD questa classificazione non viene completata.  Le persone che assistono o vivono un evento traumatico reagiscono in modo individuale, così sono anche le alterazioni a carico del cervello e le risposte emotive e comportamentali ad esse correlate: in particolare, nel prossimo articolo vedremo gli effetti dell’emergenza sanitaria da COVID-19 sulla salute mentale delle persone.

Bibliografia

1. Izquierdo I, et al. Fear memory. Physiol Rev 2016; 96: 695–750.
2. Bremner JD. Traumatic stress: effects on the brain. Dialogues Clin Neurosci. 2006;8(4):445-61.
3. Sherin JE, Nemeroff CB. Post-traumatic stress disorder: the neurobiological impact of psychological trauma. Dialogues Clin Neurosci 2011;13(3):263-78.
4. Vermetten E, Bremner JD. Circuits and systems in stress. II. Applications toneurobiology and treatment in posttraumatic stress disorder. DepressAnxiety. 2002;16:14-38.
5. Ressler K, Nemeroff CB. Role of serotonergic and noradrenergic systems inthe pathophysiology of depression and anxiety disorders. Depress Anxiety.2000;12:2-19.
6. Rasmusson AM, et al. Low baseline and yohimbine-stimulated plasma neuropeptideY (NPY) levels in combat-related PTSD. Biol Psychiatry. 2000;47:526-539.
7. Yehuda R. Advances in understanding neuroendocrine alterations in PTSDand their therapeutic implications. Ann N Y Acad Sci. 2006;1071:137-166.
8. Rauch SL, et al. A symptom provocation study of posttraumatic stress disorder using positron emission tomography and script-driven imagery. Arch Gen Psychiatry. 1996 May;53(5):380-7.
9. Van der Kolk BA, et al. Stress traumatico. Gli effetti sulla mente, sul corpo e sulla società delle esperienze intollerabili. 2004 Roma, ed. Ma.Gi.

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