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DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS, STRATEGIE DI GESTIONE

Il disturbo post-traumatico da stress può essere gestito e trattato con diverse strategie, tutte con buoni risultati, che si concentrano spesso sul "ricablare" la connessione tra ricordi, emozioni e comportamenti.
Articolo a cura di Alessandra Gilardini
Biologa, LETSCOM medical writer

Negli articoli precedenti abbiamo compreso le origini, sintomi e meccanismi alla base del disturbo post -traumatico da stress (PTSD), mentre adesso si può parlare di gestione della malattia e di percorsi terapeutici. Il disturbo post-traumatico da stress può essere gestito e trattato con diverse strategie, tutte con buoni risultati, che si concentrano spesso sul “ricablare” la connessione tra ricordi, emozioni e comportamenti. Questa tecnica che è definita psicoterapia cognitivo-comportamentale, ha lo scopo di dare nuovi significati all’evento traumatico, una corretta associazione di sentimenti negativi a situazioni specifiche, fornire strategie di fronteggiamento (dette strategie di coping) per smantellare i cicli negativi e ristabilire le normali comunicazioni all’interno del cervello. In particolare, secondo le Linee Guida internazionali sul trattamento delle condizioni correlate allo stress, gli interventi psicologici più efficaci nel trattamento del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) sono la Terapia Cognitivo Comportamentale focalizzata sul trauma e l’Eye Movement Desensitizasionand Reprocessing (EMDR) [1].

RICONOSCERE IL TRAUMA

Lo scopo della psicoterapia cognitivo-comportamentale è aiutare la persona a identificare e imparare a controllare i pensieri e i sentimenti legati all’evento traumatico al fine di comprenderli e, successivamente, eliminarli. Le tecniche cognitivo-comportamentali utilizzate nelle diverse fasi del trattamento sono [2,3]:
  • Tecniche di esposizione narrativa (NET). In un clima di sicurezza, la persona con PTSD familiarizza con le situazioni temute mediante procedure dette di “esposizione in vivo” ed “esposizione ai ricordi in immaginazione”. Nel primo caso, si concordano con il paziente situazioni e attività temute che possono suscitare il ricordo dell’evento, portando la persona ad affrontarle l’una dopo l’altra. Attraverso l’esposizione con l’immaginazione dei ricordi, si aiuta la persona a ripensare a quanto è successo, alle emozioni provate e a correggere le convinzioni controproducenti. L’obiettivo della terapia dell’esposizione è raggiungere un grado di estinzione del trauma il più completo possibile e ridurre al minimo la generalizzazione della risposta [4].
  • Ristrutturazione cognitiva. La persona con PTSD identifica e modifica gli “errori di ragionamento” e le convinzioni disfunzionali su di sé, sugli altri e sul mondo che possono essere legate al trauma o preesistenti.
  • Tecniche di gestione dell’ansia (Stress Inoculation Training, SIT). È una psicoterapia cognitivo-comportamentale che si pone proprio l’obiettivo di favorire l’apprendimento di strategie di gestione dell’ansia e dello stress, e che consta di tre fasi: [5,6] 
  1. Concettualizzazione (informazione sullo stress, ristrutturazione delle idee errate sullo stress);
  2. Acquisizione e prova delle abilità di fronteggiamento (problem solving; tecniche di rilassamento; alcune strategie cognitive, tra cui la ristrutturazione; autoaffermazioni positive, ossia preparare insieme al paziente dei ragionamenti da ripercorrere nei momenti critici e nelle fasi di esposizione alle situazioni ansiogene, “al posto dei pensieri automatici che inducono reazioni comportamentali ed affettive disfunzionali”);
  3. Applicazione e richiamo delle abilità (prova immaginativa, in cui “il paziente immagina di accostarsi alle situazioni difficili, identifica i punti critici e li affronta efficacemente sul piano dell’immaginazione”; prova comportamentale, role-playing, modeling; esposizione graduale in vivo; prevenzione delle ricadute).

RIORGANIZZARE LA MEMORIA DELL’EVENTO TRAUMATICO 

La desensibilizzazione e la rielaborazione mediante movimenti oculari (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, EMDR), invece, si concentra sull’identificazione e sul ricordo delle esperienze traumatiche che possono aver contribuito al disturbo e che portano le persone in terapia. L’EMDR lavora sul ricordo degli eventi traumatici, in modo da rielaborarli e riorganizzarli nella memoria. Soltanto così queste esperienze perdono l’intensa componente emotiva che li accompagna e acquisiscono un diverso significato. Tutto ciò permette alla persona che ha avuto o assistito a un evento traumatico di poter usare i “ricordi dolorosi” in modo costruttivo, trasformandoli in una risorsa. Ogni individuo è dotato della facoltà innata di elaborare gli eventi traumatici ma in alcune persone, in situazioni particolarmente gravi, questa capacità si blocca. Usando la stimolazione bilaterale dei movimenti oculari, l’EMDR è in grado di far ripartire la capacità di elaborazione [2,3]. Con l’EMDR la trasformazione dell’informazione disturbante, nel senso della rielaborazione adattiva dello stesso, produce effetti positivi anche sulla struttura cognitiva, sul comportamento e sull’emotività. Infatti, l’esperienza clinica ha dimostrato che una volta rielaborati i ricordi specifici, il senso di autostima e autoefficacia del paziente migliorano automaticamente [7].

UN FARMACO PER LA CURA DEL PTSD?

Ad oggi, l’uso di farmaci per il trattamento di un trauma mostra effetti piuttosto contenuti e di scarsa utilità se non sono accompagnati da percorsi di psicoterapia [3].
La terapia farmacologica nel PTSD costituisce, infatti, un trattamento di seconda scelta rispetto a interventi psicoterapeutici. La letteratura, inoltre, indica che la remissione sintomatologica ottenuta con l’EMDR viene mantenuta anche nel lungo termine, mentre la sospensione del trattamento farmacologico determina un’elevata incidenza di ricadute [7]. La risposta ai farmaci dipende da alcuni fattori variabili come il genere di trauma, il sesso, l’età di insorgenza. Un trattamento farmacologico precoce sembra poter evitare le modificazioni strutturali di quelle aree del cervello coinvolte nel PTSD, che hanno bisogno di un certo lasso di tempo per completarsi. I sintomi che possono trarre più giovamento da questo tipo di terapia sono l’ansia, la depressione e l’iperattività, mentre l’evitamento e la negazione rispondono poco ai farmaci [7]. Data l’ampia associazione tra PTSD con il disturbo depressivo maggiore e con i disturbi d’ansia, i farmaci antidepressivi hanno mostrato una certa efficacia nella riduzione dei sintomi depressivi ed ansiosi che fanno parte del corteo sintomatologico del PTSD. Ricordando il legame, ancora oggi in studio, tra serotonina e PSTD, non stupisce che farmaci che agiscono impedendo al cervello di assorbire serotonina (Inibitori Selettivi del Reuptake della Serotonina, SSRI) hanno buoni effetti terapeutici sui pazienti con PSTD [8].  Tuttavia, questi farmaci non sembrano agire sui sintomi specifici del PTSD come l’attivazione emotiva legata ai flashback, l’allerta eccessiva, gli incubi, l’evitamento, e l’assunzione di alcol o sostanze stupefacenti [3]. Per lo sviluppo di farmaci mirati e più efficaci nel trattamento del PTSD è necessario approfondire gli studi sul meccanismo patologico alla base del trauma. Ad oggi l’intervento ideale è, quindi, rappresentato dall’associazione della psicoterapia con un trattamento farmacologico personalizzato [1].

Bibliografia

1. World Health Organization/Organizzazione Mondiale della Sanità (2013). Guidelines for the Management of Conditions Specifically Related to Stress. Consultato da: https://apps.who.int/iris/bitstream/handle/10665/85119/9789241505406_eng.pdf;jsessionid=06D8D0B1431AF04B91E36A83C0B46E28?sequence=1
2. American Psychologcal Association (APA). Clinical Practice Guideline for the treatment of Posttraumatic Stress Disorder. PTSD Treatments. https://www.apa.org/ptsd-guideline/treatments
3. Charney ME, Hellberg SN, Bui E, Simon NM. Evidenced-based treatment of posttraumatic stress disorder: An updated review of validated psychotherapeutic and pharmacological approaches. Harvard Rev Psychiatry. 2018;26:99-115.
4. Izquierdo I, et al. Fear memory. Physiol Rev 2016; 96: 695–750.
5. Lo Iacono G. Introduzione alla psicoterapia del disturbo post-traumatico di stress / DPTS. Cognitivismo Clinico 2005; 2(2), 171-194.
6. Duca N. Il trattamento cognitivo-comportamentale del DPTS. Psicoterapeuti in-formazione N. 1, 2008, pp. 21-52. http://www.psicoterapeutiinformazione.it/wp-content/uploads/2020/05/2-Duca-DPTS.pdf
7. Arnone R, et al. EMDR e terapia psicofarmacologica nel trattamento del disturbo da stress post-traumatico. Rivista di Psichiatria Marzo-Aprile 2012, Vol. 47, Suppl. 1 al N. 2.
8. Bonne O, et al. No change in serotonin type 1Areceptor binding in patients with posttraumatic stress disorder. Am JPsychiatry. 2005; 162:383-385.

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